"La pace interiore, conquistata dalla geometria morbida, dall'ingegneria lineare, dall'istinto naturale e dall'estro spontaneo, è riposta nel ritmo dello spazio senza limiti, degli oggettisenza peso e del colore con una miriade di sfumature. La raffinatezza del tratto veloce, il respiro del tessuto connettivo, la schiettezza dell'impostazione globale scandiscono i suoi dipinti secondo un metro più misurato ponendo ampie pause tra le sbarre cromatiche. Originale in lui è l'elevazione del possesso tridimensionale ad una categoria dello spirito, che riesce a rendere universale ogni sua immagine, secondo l'etica dell'arte pura."
Gianni Latronico

Recensioni e critiche

RENATO CIVELLO

Piantieri è vero pittore,a dispetto forse di certe elettive priorità di coscienza;e il congegno intrigante della censura dialettica si stempera nel soffio rigeneratore dell'emozione artistica. Un respiro che ha i suoi diritti, un istinto che prorompe, salvifico, a monte di tutte le illazioni e di tutte le mascherature del quotidiano. Gli occhi fissi sulla sequenza sortiera delle carte o, attorno ai tableaux, sulla spietata imparzialità del "GIRELLO" (è l'antico nome della roulette, invenzione italiana), i personaggi, gli addobbi, tutti i simboli ludici di un universo estremamente variegato sono i tramiti per una testimonianza altra della personalità di Piantieri: i segni di un dualismo che si autocompensa opponendo all'impegno dell'uomo, nella illusoria consonanza del regesto memoriale, l'aristocratica individualità dell'artista. E quando Piantieri afferma, in un suo corsivo di chiarificazione, che si gioca semplicemente per uscire dai cicli abitudinari, "per voglia di evasione, per dare finalmente spazio alla fantasia", accredita, di là della opinabile estensione di tale convincimento anche al gioco d'azzardo, la sovranità incondizionata della esperienza d'arte. Che è gioco, favoloso e coinvolgente, dello spirito.

NERIO ROSA

Alle situazioni imprevedibili e grandeggianti tutti i suoi conoscenti sono ormai abituati. Inoltre, se sul piano concettuale l'opera d'arte può essere realizzata sia con un oggetto che con un comportamento, Piantieri il titolo di grande artista se l'è conquistato da anni, con un'attività indefessa di appassionato promotore di iniziative "irregolari" e fantastiche, tutte intentate sul gioco d'azzardo, inteso nella sua accezione sia ludica che realizzativa di un mondo frenetico e surreale. La sua teorizzazione di un mondo migliore, in cui siano aboliti tutti i proibizionismi, lo porta oggi ad esternare anche con immagini simboli, emblemi e luoghi famosi ove si pratichi il gioco d"zzardo. Tanto però è trasgressore, irregolare, disinvolto e passionale il Piantieri artista "di vita", quanto tradizionale, solido, consumato e validissimo è il Piantieri che produce pittura e che ci presenta un volto nuovo, forse quello suo vero, tutt'altro che disincantato. C'è nei suoi quadri un profondo distacco tra i contenuti tendenti ad esaltare gioiosamente la trasgressione ed un linguaggio sobrio, attento, misurato, formale. La pittura comunque ha sempre il sopravvento sulla volontà di comunicare e di proporre contenuti che testimonino una ricerca di evasione. La qualità artistica del risultato non affianca messaggi individualistici e personali, ma si lega ad un'operatività che inserisce l'artista in un'orbita culturale non episodica né improvvisata, ma dotata di spessore culturale e di notevoli possibilità di riferimenti epocali.

MILLY BRACCIANTE

L'arte nel panorama contemporaneo è alla ricerca di una posizione sociale nell'arco dell'umana cultura e si pone il problema della possibilità di creare una "immagine" in uno spazio che già rigurgita le immagini. Dal momento che l'arte di oggi è implicata nella tecnologia multimediale, nella pubblicità, nel "mare di immagini, saturo di immagini". Per cui, creare il figurativo diventa rischio di cacofonia piuttosto che di armonia.
Nasce così, dopo gli anni Novanta, il bisogno di una pittura "colta", in grado di ridefinire la possibilità di creare un'immagine che sia nuova, frutto della concettualità di una realtà troppo usurata. Un'immagine capace di creare relazioni e parentele con il reale e di stimolare il pensiero del fruitore in dimensione feconda. Nella dimensione, cioè, dell'estetica consapevole della simulazione, della metafora, della similitudine, che non ha più bisogno della concretezza del reale, della natura morta, del paesaggio, del figurativo, suffragati dallo "straniamento" nell'azione creativa, bensì del compimento della "logica dell'esistente" che va al di là della tridimensionalità del tangibile.
E' un'operazione artistica concettuale che impegna anche il fruitore dell'opera ad una consapevolezza sociale, ad una precisa modalità logica, per saperne e poterne apprezzare la valenza. In quest'ottica si inserisce l'approdo artistico di Tonino Piantieri che dopo 30 anni di pittura ispirata alla sacralità della tradizione ed alla lezione dei classici, dopo avere abbondantemente prodotto e con successo in chiave figurativa, abbandona i canoni del realismo e concettualizza la sua arte nell'ideazione di una nuova corrente pittorica che denomina " Olocromia", dove il colore è il tutto dell'opera creativa, la distacca dalla vita reale, la rende autonoma, la qualifica come forma espressiva naturale. E ciò perché, per ricordare il pensiero estetico di Theodor Wiesengrund Adorno, "L'arte non formula promesse e tanto meno ha come oggetto significati garantiti. E' la struttura intcriore delle opere che trasforma la razionalità estetica in espressione". Mentre la libertà dalle necessità identificative, denominative e illustrative della realtà, permette all'artista la ricerca dei mezzi espressivi più idonei a dare forma in modo nuovo alle esperienze individuali e di vita. Laddove il colore diventa il mezzo rappresentativo che assurge al piano principe dei valori nell'operazione di liberazione dalla materialità e dal suo significato originario, fino al concetto del sublime, fino a quel "quid" che non è rappresentabile, che sfugge al controllo dell'occhio e della mano, e che pure è elemento nascosto che qualifica l'opera d'arte garantendone il fascino e la bellezza.
E' un "quid" che è presente nelle opere di recente produzione di Tonino Piantieri, in Mostra a Catania presso la Galleria Percorsi d'Arte "Aracio-Cromo" (via Ofelia 11) dal 18 ottobre 2005.
Sono tele di vario formato che suscitano nella mente del lettore l'attivarsi di un meccanismo di catene associative, di sensazioni, di vibrazioni, di visioni, messe in movimento dalla suggestione del colore, corposo , intenso, accorpato, gustoso negli accordi tonali, mai stridente nei contrasti accesi, capace di suggerire il senso della piena armonia.
Le opere il cui titolo già rimanda al contenuto concettuale : "Subconscio", "Liberi pensieri", "Introspezione", "Estati siciliane", mostrano una studiata stesura del colore che si avvale della luce e degli effetti che essa produce nel giuoco dei contrasti cromatici, scavando superfici e creando spessori nella giustapposizione del pigmento, nelle alternanze dei bianchi e dei neri tra il furoreggiare di accesissimi rossi, gialli, azzurri, sui quali il graffito, il decoro in oro, la nota musicale, il segno iconografico, lascia traccia di un sé che intende confermarsi nella sua unicità. Segni e colori, delimitati da geometrismi astratti e limpidi, alleggeriti da gravami psicologici e resi aerei e liberi, si diluiscono, si accorpano materici, fluttuano sulla tela in freschi accordi cromatici, in velature, in slabbrature, in sgocciolature che affidano all'immediatezza del gesto, la spontaneità della creazione. Per certi versi, a ricordare ancora memorie di informale, specie in alcune opere. Memorie di una figurazione disinibita che si spezzetta e sbriciola nell'esigenza dell'urgenza creativa, dell'abbandono che segue cammini di armonioso lirismo che non riguarda il luogo e il tempo ed è poetica che desta meraviglia.
In tali opere la figurazione è al suo ultimo stadio, prima di dissolversi in velature e scolature, e si distende in piani geometrici, in fasci ed intrecci di linee, dove i colori, saturi di pigmento, si diluiscono nella luce, come in attesa di un ordine successivo che li induca a ricomporsi nel cammino del divenire.
E intanto, mantengono una propria autonomia l'uno accanto all'altro, a formare armonia. Così è particolarmente nelle più recenti opere di Tonino Piantieri, come ad esempio in "Fotogrammi della mente", "Giochi di luci", "Festa di azzurri", "Gemme d'immaginazione" che rimandano, tra ciò che esiste e ciò che non esiste, a prospettive lineari ed atmosferiche con moltiplicazione di punti di fuga, con rimandi ad angolazioni di visuale, con molteplici punti di vista, obbligati dal variare dei colori, richiamati dal cammino della luce, legati alla profonda sensibilità dell'artista che con perizia tecnica riesce a dominare il mezzo artistico esprimendo unicamente se stesso, con ricchezza di profondo lirismo.

MYRIAM LATRONICO

Tonino Piantieri con la sua Olocromia, ci presenta una nuova maniera di affrontare la tela: abbandonato il disegno preparatorio e le successive fasi di velatura e lumeggiatura, si serve unicamente della forza del colore in movimento. Nelle sue opere bastano le ampie campiture cromatiche a creare la composizione, producendo un risultato scevro di pastoie costrittive, remore o regole di sorta. È la variazione coloristica a dare all’opera l’impulso dell’energia vitale da cui scaturisce il soggetto che è fantastico ma pur sempre portatore dell’immagine interiore elaborata dall’artista.
A differenza delle correnti artistiche di Klee, Mondrian e Pollock, a cui si ispira, l’olocromia non si limita alla stesura del colore sulla tela, ma ne cura i particolari, ne segue l’alchimia, ne inventa il rilievo attraverso scorci geometrici che incarnano non tanto una funzione pragmatica, quanto piuttosto una visione poetica.
Così Tonino Piantieri, esplorando il reale, ne coglie lo spirito, lo astrae dal contesto e lo riproduce in una forma semplificata, attraverso una sintesi di colori esplosi non a casaccio, ma percorrendo i tratti del ricordo, le forme più o meno definite che l’emozione provocata dall’osservazione del reale ha impresso nella sua mente.
Un’arte intesa come gioiosa rilettura delle emozioni suscitate dall’esterno, quasi una traduzione sulla tela delle reazioni prodotte dal mondo di fuori sulla sensibilità dell’artista attraverso un processo di selezione e di scarto di tutti quei dettagli superflui, eliminati i quali non resta che l’emozione allo stato puro la quale, a sua volta, non può essere raccontata se non attraverso effetti cromatici in grado di suggerirne l’essenza.

PAOLO LEVI

Dell'inquieto e nel contempo solare Tonino Piantieri, subito ci si avvede di un'appassionata ricerca sul colore, come evento musicale di contrappunti, di squilli e di schermaglie cromatiche. La sua è una ricerca che nulla ha a che fare con il gesto gratuito della sperimentazione astratto-informale che, quasi per una condanna degli déi, non riesce a trovare approdi visivi definitivi. È ormai assiomatico che in arte la ricerca non gratuita vive di poetica completezza, a cui non è permesso approdi verso lidi legati alla gratuità dell'istinto, o anche dell'inconscio senza radici culturali. Tonino Piantieri forgia il termine inedito di olocromia, da bravo alchimista quale egli è, per definire le distanze fra sé e gli altri colleghi informali. Ci troviamo di fronte a un pittore che usa e interpreta la funzione del colore in chiave, oserei dire, del tutto radicale. Il magma che egli immette sul supporto con fare sapiente è ben lontano dalla casualità: narratore di eventi informi si avvale di una scrittura originale e non ripetitiva, privilegiando a volte la profondità degli spazi, o in altri casi accentuando l'esasperazione cromatica dei primi piani. C'è da immaginare che egli affronti la materia con tutti i mezzi a disposizione, dalla spatola al pennello, e forse anche le mani. La sua estetica della forma gioca sovente sulle forme prismatiche, oppure sulle cascate del colore che si frantuma attraverso infinite e diamantine tonalità. Utilizza con sapienza i colori base, amando quindi il rosso, il blu, il giallo, ma anche il bianco e il nero; se poi li mischia ottiene gradualità tenui che appaiono come semplici tacche, come sussurri che filtrano dalle maglie della tessitura stesa con trattenuta aggressività. Questo suo modo di procedere è di una classicità che viene da lontano, dagli anni Cinquanta del secolo scorso, quando in Europa la ricerca informale cancellava l'immagine umana, di cui era andato perso il senso e l'essenza dopo i traumi della guerra. Di questa classicità, nell'olocromia, Tonino Piantieri è audace continuatore senza compromessi, trasmettendo un messaggio di purezza e di coerenza.